martedì 2 aprile 2013

KIERKEGAARD (1813-1855)



L’esistenza
Per Kierkegaard l’esistenza è lo specifico modo d’essere dell’uomo nel mondo, questo modo è definito da alcuni concetti: quello di singolo, di possibilità, di scelta, d’angoscia, di disperazione e di fede.

Il singolo
“la verità è verità solo quando è verità per me”. Kierkegaard intuisce che la verità non è l’oggetto del pensiero ma il processo con cui l’uomo se ne appropria, la fa sua e la vive: l’appropriazione della verità è la verità. Alla riflessione oggettiva di Hegel, Kierkegaard contrappone una riflessione soggettiva, connessa con l’esistenza: la riflessione nella quale ogni singolo uomo è direttamente coinvolto quanto al suo stesso destino, in cui il singolo è superiore al genere umano.

La possibilità
Secondo Kierkegaard l’esistenza è un insieme di possibilità che pongono l’uomo di fronte ad una scelta e che implicano una componente ineliminabile di rischio, ne mette quindi in luce l’aspetto negativo e paralizzante (figura del discepolo dell’angoscia che sente in sé le terribili possibilità che l’esistenza prospetta).

La scelta
Per Kierkegaard esistere significa scegliere: la scelta non è una semplice manifestazione della personalità, ma costituisce o forma la personalità stessa per cui l’individuo non è quel che è, ma ciò che sceglie di essere (perfino la rinuncia alla scelta è una scelta)

L’angoscia
L’angoscia è la condizione esistenziale generata dalla libertà e dalle infinite possibilità negative che incombono sulla vita e sulla personalità dell’uomo e può essere provata soltanto da chi ha “spirito”, Kierkegaard la considera infatti un sentimento tipicamente umano( è strettamente legata al peccato e ha portato al peccato originale). L’unico modo per contrastare l’angoscia è la fede religiosa.

La disperazione
Mentre l’angoscia si riferisce al rapporto dell’uomo col mondo, la disperazione si riferisce al rapporto dell’uomo con se stesso, per cui è strettamente legato alla natura dell’io. Difatti l’io può volere o non volere essere se stesso in entrambi i casi abbiamo la disperazione: una malattia mortale che porta a vivere la morte dell’io, cioè la negazione del tentativo umano di rendersi autosufficienti o di evadere da sé. L’unica terapia è la fede, ossia quella condizione in cui l’io pur volendo essere se stesso non si illude della sua autosufficienza, ma riconosce la su a dipendenza da Dio.

La fede
La fede è un rapporto privato tra l’uomo e Dio, il dominio della solitudine. È la certezza angosciosa, l’angoscia che si rende certa di sé e di un nascosto rapporto con Dio. L’uomo è posto di fronte ad un bivio: credere o non credere. Da un lato è lui che deve scegliere, dall’altro ogni sua iniziativa è esclusa perché Dio è tutto e da lui deriva anche la fede. Kierkegaard vede rivelata dal cristianesimo la sostanza stessa dell’esistenza.

Stadi dell’esistenza
Gli stadi dell’esistenza sono i modi fondamentali di vivere e di concepire l’esistenza, ne esistono tre: lo stadio estetico, lo stadio etico e lo stadio religioso.

Lo stadio estetico
Lo stadio estetico è la forma di vita in cui l’uomo rifiuta ogni vincolo o impegno continuato e cerca l’attimo fuggente della propria realizzazione, vivendo all’insegna della novità e dell’avventura. Emblematica è la figura del Don Giovanni che si propone di fare della sua vita un opera d’arte. Tuttavia al di là della sua apparenza gioiosa, la vita estetica è condannata alla dispersione, alla noia e al fallimento esistenziale. L’esteta sceglie infatti di non scegliere(non fa scelte impegnative) e finisce per rinunciare a una propria identità, avvertendo così la disperazione per il vuoto della propria esistenza.

Lo stadio etico
Lo stadio etico è il momento n cui l’uomo, scegliendo di scegliere, si impegna in un compito. La vita estetica si fonda sulla continuità e sulla scelta ripetuta che l’individuo fa di sé stesso e del proprio compito. Nella vita etica(simboleggiata dallo stato matrimoniale) l’individuo sceglie di sottoporsi a una forma o a un modello universale di comportamento che implica, al posto del desiderio dell’eccezionalità, la scelta della normalità. Anche questa forma di vita è destinata a fallire: l’uomo etico non può fare a meno di riconoscere la propria finitudine peccaminosa e quindi di pentirsi, inoltre l’individuo non riesce a trovare sé stesso.

Lo stadio religioso
Lo stadio religioso è lo stadio della fede, intesa come “rapporto assoluto con l’Assoluto”, ossia lo stadio in cui l’individuo, andando al di là della vita estetica, si apre totalmente a Dio, riuscendo a vincere (non completamente) l’angoscia e la disperazione che lo costituiscono come uomo (figura di Abramo). Lo stadio religioso costituisce la dimensione dello scandalo e del paradosso.

Attimo
Secondo Kierkegaard la fede a il carattere di attimo in quanto implica una subitanea inserzione dell’eternità nel tempo, ossia una improvvisa discesa della verità divina nell’uomo.

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