martedì 12 febbraio 2013

SCHOPENHAUER (1788-1848)


Velo di maya
Shopenhauer parte dalla distinzione kantiana tra fenomeno e cosa in sé, ma se ne discosta: per Kant il fenomeno è la realtà accessibile alla mente umana mentre per Schopenhauer il fenomeno è invece parvenza, illusione, sogno, ovvero ciò che nella cultura indiana è detto “velo di Maya”; mentre il noumeno è la realtà nascosta dal fenomeno e che il filosofo ha il compito di scoprire.  Il fenomeno è una rappresentazione che esiste soltanto all’interno della coscienza, questa rappresentazione ha due aspetti essenziali e inseparabili: da un lato abbiamo il soggetto rappresentante e dall’altro l’oggetto rappresentato (non esistono separatamente). Secondo Schopenhauer esistono soltanto tre forme a priori (secondo Kant 12): spazio, tempo e causalità (quest’ultima categoria è l’unica perché le altre sono riconducibili ad essa).La causalità assume diverse forme in base al campo in cui opera per cui la possiamo trovare come: principio del divenire(regola rapporti tra oggetti e animali), del conoscere(premesse e conseguenze), dell’essere(connessioni spazio-temporali e le connessioni aritmetico-geometriche) e dell’agire(azione e i suoi motivi).
Per Schopenhauer la vita è quindi “sogno” e al di là del quale esiste la realtà vera, sulla quale l’uomo è portato ad interrogarsi (essenza ultima della vita).

L’accesso alla cosa in sé
Schopenhauer ritiene la sua filosofia come integrazione necessaria a quella di Kant poiché questa precludeva la via d’accesso al noumeno. Per lui la realtà assoluta che si nasconde dietro la rappresentazione è conoscibile. Se noi fossimo solo conoscenza e rappresentazione non potremmo mai uscire dal fenomeno, cioè dalla rappresentazione esteriore delle cose. Ma noi siamo anche corpo quindi oltre che vederci da fuori ci viviamo da dentro  e grazie a questa esperienza base possiamo afferrare la cosa in se. Ci rendiamo conto che l’essenza profonda del nostro io è la volontà di vivere, un impulso che ci spinge ad agire. Noi siamo vita e volontà di vivere e il nostro corpo e il suo funzionamento sono manifestazioni esteriori di tale desiderio. L’intero mondo fenomenico è la maniera attraverso cui la volontà si manifesta. La volontà di vivere non è solo la radice noumenica dell’uomo ma anche l’essenza segreta di tutte le cose, ossia la cosa in se e pervade ogni essere della natura.


Caratteri e manifestazioni della volontà di vivere
La volontà va al da li del fenomeno quindi ha caratteristiche diverse da quelle del mondo della rappresentazione: la volontà è inconscia(non è una volontà cosciente), è unica, è eterna(va oltre la forma del tempo) e, essendo al di là del principio di causalità, è anche energia incausata(cioè forza libera e cieca senza scopo).

Idee
L’unica volontà si manifeste secondo Schopenhauer nel mondo fenomenico attraverso due fasi: si oggettiva prima in un sistema di forme immutabili che egli chiama idee e poi nei vari individui del mondo che sono copie, riproduzioni dell’unico prototipo originario che è l’idea. L’individuo come finita manifestazione della volontà infinita.

Pessimismo cosmico
Il pessimismo cosmico
Il pessimismo cosmico di Schopenhauer deriva dalla constatazione  che l’uomo essendo manifestazione della volontà è in uno stato perenne di dolore, in un universo che è solo volontà inappagata, teatro di una vicenda di cui la sofferenza è una legge immanente.

Dolore, piacere e noia
Volere significa infatti desiderare e quindi essere in uno stato di tensione per una mancanza. Il desiderio dunque porta al dolore. L’uomo è quella creatura in cui la volontà è più cosciente, è destinato a non trovare mai vero appagamento. Oltre al dolore il filosofo individua altre due situazioni esistenziali: piacere e noia. Quello che gli uomini chiamano piacere o godimento altro non è che una momentanea cessazione di dolore (lo sostiene anche leopardi). Perché si possa provare piacere infatti vi deve per forza essere uno stato precedente di dolore. Il dolore è pertanto derivato dal desiderio e costituisce un dato primario e permanente nella vita, mentre il piacere è solo una funzione derivata dal piacere. Oltre a questo per ogni desiderio appagato ne restano altri che non trovano appagamento. Il piacere è qualcosa di momentaneo e vince davvero il dolore solo annullando se stesso, perché nel momento in cui il piacere annulla il dolore e il desiderio verso qualcosa smettiamo anche di provare piacere per averlo ottenuto.  La noia è quella sensazione che si ha quando il possesso disperde l’attrazione.  Per Schopenhauer la vita umana quindi oscilla incessantemente come un pendolo tra noia e dolore e l’unica cosa che cambia e permette di distinguere le diverse situazioni umane sono le diverse forme con cui questo dolore si manifesta.

L’amore
L’amore inteso come èros  non è nient’altro che uno stratagemma di cui si serve il genio della specie per sedurre l’individuo e indurlo alla perpetuazione della vita. Di conseguenza l’amore procreativo viene fortemente condannato da Schopenhauer.

Vie di liberazione
Le vie di liberazione dal dolore sono per Schopenhauer le tappe attraverso cui l’uomo cerca di liberarsi dalla volontà di viver e si identificano con l’arte, la morale e l’ascesi.

Arte
L’arte è conoscienza libera e disinteressata delle idee, ossia delle forme pure e die modelli eterni delle cose. Nell’arte il soggetto contempla le idee, cioè gli aspetti universali della realtà  non legati a concetti di spazio o tempo e non è più solo lui come individuo ma il soggetto del conoscere in senso universale. L’arte quindi sottrae l’individuo dalla catena di bisogni e sei desideri quotidiani con un appagamento compiuto( arte più profonda è la musica). L’arte è liberatrice perché il piacere che essa provoca è la cessazione del bisogno attraverso lo svincolarsi della coscienza dalla volontà e quindi la disinteressata contemplazione. È comunque una funzione temporanea e parziale, un breve incantesimo che non permette di uscire dalla vita ma solo un conforto alla vita stessa.

Morale
La morale implica un impegno nel mondo a favore del prossimo, come tentativo di superare l’egoismo e la lotta tra individui (una delle più grandi fonti ti dolore). L’etica non deriva dalla ragione ma dal sentimento di pietà attraverso cui avvertiamo come nostre le sofferenze degli altri. Tramite l’empatia sperimentiamo l’unione di tutti gli uomini che la filosofia teorizza. La morale si concretizza in due virtù cardinali: la giustizia (è un primo freno all’egoismo, consiste nel non fare il male e ha carattere negativo) e la carità (è un primo freno all’egoismo, consiste nel non fare il male e ha carattere negativo). Tuttavia questi sentimenti implicano una vittoria sulla volontà ma rimangono nella vita e quindi presuppongono un attaccamento a essa.

Ascesi
L’ascesi nasce “dall’orrore dell’uomo per l’essere” ed è l’esperienza per la quale l’individuo, cessando di volere la vita e il volere stesso, si propone di estirpare il proprio desiderio di esistere, di godere e di volere mediante una serie di accorgimenti(castità, umiltà, povertà, ecc.) al culmine dei quali sta il nirvana( esperienza del nulla).

Suicidio
Schopenhauer respinge il suicidio poiché vede in esso una forma di attaccamento alla vita che sopprime soltanto una sola manifestazione fenomenica della volontà e non la volontà stessa.